La Corte costituzionale, con la sentenza n. 241, depositata il 26 novembre 2015, dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 4, cod. pen., aggiunto dall’art. 5 della legge n. 251 del 2005, sollevata in riferimento agli art. 3 e 27, comma 3, Cost.. Secondo il giudice a quo la norma censurata, con particolare riguardo “ai casi nei quali la pena per il reato satellite debba determinarsi inderogabilmente nel massimo edittale”, comportando un aumento obbligato e predeterminato della pena per il reato satellite, viola gli art. 3 e 27, comma 3, Cost., sub specie di contrasto, rispettivamente, con il principio di uguaglianza/ragionevolezza e di proporzionalità e funzione rieducativa della pena. La Corte costituzionale dichiara inammissibile la questione per una duplice ragione. 2 Anzitutto, per insufficiente descrizione della fattispecie. Il giudice remittente non specifica se, nel giudizio a quo, la recidiva reiterata era stata già applicata con una precedente sentenza, anteriore alla commissione dei reati per i quali si procede. Specificazione essenziale ai fini della rilevanza della questione. Secondo la più recente e prevalente giurisprudenza di legittimità, infatti, ai fini dell’operatività del limite minimo dell’aumento di pena, previsto dall’art. 81, comma 4, cod. pen., è necessario che la recidiva reiterata sia stata applicata con una sentenza definitiva, precedente alla commissione dei reati in concorso formale o avvinti dal vincolo della continuazione. Con la conseguenza che, in assenza di detto presupposto temporale e giuridico, la disciplina di cui all’art. 81, comma 4, cod. pen. non è applicabile e la relativa questione non è rilevante. D’altro canto, qualora detta condizione non ricorra ed il remittente abbia, comunque, ritenuto applicabile, in virtù di diversa interpretazione, la norma impugnata, avrebbe dovuto fornirne una plausibile motivazione. Egli ha, invece, eluso la questione relativa al momento di applicazione della recidiva reiterata, impedendo così alla Corte di verificare la rilevanza della questione, che è, pertanto, inammissibile. Ma la questione è inammissibile anche per erroneità del presupposto interpretativo del giudice a quo, il quale ritiene che, in base alla norma impugnata, si sarebbe dovuto applicare, a titolo di aumento per la continuazione, il massimo edittale (nella specie quello allora vigente per il reato previsto dall’art. 4 della legge n. 110 del 1975). La Corte costituzionale evidenzia che l’art. 81, comma 4, cod. pen. – nel disporre che per i recidivi reiterati l’aumento di pena per il reato satellite non possa essere inferiore ad un terzo della sanzione applicata per il reato più grave – fa, comunque, salvi i limiti indicati dal precedente comma 3, vale a dire che, nei casi di reato continuato e di concorso formale, la pena risultante dal cumulo giuridico non può, comunque, essere superiore a quella che, in concreto, il giudice avrebbe inflitto in caso di cumulo materiale. Non senza precisare significativamente che la pena applicabile in caso di cumulo materiale, ex art. 81, comma 3, cod. pen., è la pena che il giudice ritiene adeguata alla fattispecie concreta, e non certo quella massima edittale, come invece ritenuto erroneamente dal giudice a quo.